Barbara, la teologa di Instagram, si racconta in un’intervista tra fede, quotidianità e passione per la divulgazione spirituale.

Riportiamo l’intervista a Barbara Marchica apparsa nel VideoPodcast di Modavegia.

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Oggi abbiamo il piacere di ospitare una figura professionale e spirituale di grande interesse. Dopo tanto tempo, finalmente siamo riusciti a invitarti. Ti intervisto perché sono una persona molto credente e ho voglia di confrontarmi con te su questa cosa.

Domanda: Ci puoi raccontare cosa fai? Non sei un prete, perché sei una donna. Di cosa ti occupi, qual è la tua professione?

Risposta: Sì, certo. Innanzitutto grazie, grazie dell’invito, mi fa un sacco piacere. Ho apprezzato molto questo invito inaspettato. Mi piace quando si incontrano mondi un po’ diversi, quando un aspetto della spiritualità e della religiosità, di cui prevalentemente mi occupo, incontra un mondo laico. Mi piace molto questa “combo”.

Domanda: Per mondo laico cosa intendi?

Risposta: Per “mondo laico” intendo, in modo allargato, persone che non sono credenti specifici oppure che non sono sacerdoti, suore, in un ambito religioso specifico. Quindi “laico” ampliato, dal credente che può essere laico a un mondo un pochino più distaccato dal porsi la domanda su Dio, dal porsi la domanda sulla religione. Ho fatto questa specie di intro per dire che io sono una teologa, una teologa cattolica, il che significa che sono un’esperta nel cattolicesimo.

La teologia è una facoltà molto lunga, sono dieci anni di studi e, nonostante…

Domanda: Ti interrompo, scusami. Questi anni di studi sono gli stessi che fanno anche i preti?

Risposta: No, no, no, perché i preti, ovviamente anche per una questione di iter, loro fanno il seminario, che di solito sono 4-5 anni di teologia. Invece proprio il percorso per diventare teologo o teologa, riconosciuta dalla Santa Sede, quindi ufficiale, con tutti i crismi, è appunto un percorso accademico molto lungo che arriva fino al dottorato. È proprio studio e ricerca. Dico questo perché a volte si pensa che la teologia, o che comunque si possa fare un discorso su Dio, sia limitato a qualche corso. In realtà il percorso accademico è molto ampio e io mi sento molto ignorante, perché nonostante dieci anni di studi ti rendi conto che c’è una marea di cose da sapere…

Domanda: Non sai ancora tutto.

Risposta: No, assolutamente no. E prevalentemente sul cattolicesimo. Quindi io ti dico che sono un’esperta sul cattolicesimo, neanche sulle altre confessioni e neanche sulle altre religioni. Questo per dire che c’è veramente tanto da sapere e si può fare un discorso su Dio.

Domanda: Quindi tu sei una teologa?

Risposta: Io sono una teologa, sì.

Domanda: Ma cos’è che fa la teologa?

Risposta: Bella domanda. La teologa, diciamo, ha il compito di riflettere, quindi di offrire delle categorie di riflessione, noi potremmo dire alla coscienza credente, ok? Quindi aiutare, diciamola così, la dico meglio: la teologia è l’intelligenza della fede. È quella parte ragionevole della fede che fa riflettere il credente, che a volte può entrare in dinamiche di fede cieca assoluta, che a volte può rischiare di prendere degli abbagli, e al tempo stesso offrire…

Domanda: Qualcosa anche di un po’ più concreto allora.

Risposta: Esatto, sì. La teologia ovviamente ha il compito di riflettere, quindi è la parte più riflessiva. Nel mio lavoro poi concretamente che cosa faccio? Vado a creare, perché ne ho sentito il bisogno, quindi di non rimanere solo da un punto di vista mentale, ma di andare a creare anche delle pratiche spirituali. Quindi io mi occupo proprio di crescita spirituale, andando a integrare la teologia e il counseling spirituale. Offro, diciamo, degli strumenti utili al credente per affrontare i suoi alti e bassi della giornata.


Un Percorso Personale e Professionale Inventato

Domanda: Ma chi sono le persone che ti contattano? Con chi hai a che fare? Una teologa, con chi lavora? Perché è una passione, sicuramente se hai fatto dieci anni è perché hai una curiosità e ami questo mondo, però dall’altra parte è anche una professione, giusto?

Risposta: Allora, è una professione la teologa, è puntualissima la tua domanda, è molto azzeccata. Ti dico questo perché in Italia non esiste la professione del teologo, della teologa. Spesso associamo il teologo al prete, quindi “è il prete che è un teologo”, eccetera, ma non è detto appunto che abbia fatto tutto quel percorso di studi. E in Italia non esiste la figura della teologa. Quindi io mi sono dovuta un po’ inventare, mi sono dovuta creare un lavoro, perché mi avevano fatto la battuta dopo dieci anni di studi: “Vabbè, puoi andare a spolverare i libri”. Allora non facevo dieci anni di studi.

Domanda: Ma tu questi dieci anni di studi perché li hai fatti? Pur sapendo che forse, dal tuo punto di vista, non ti davano alcun tipo di sbocco.

Risposta: Allora, c’è stata un’affolgorazione mia. Io mi sono appassionata, perché alla fine… Allora, il liceo mi aveva già appassionata molto la filosofia (ho fatto lo scientifico, quindi sono arrivata ad odiare le materie scientifiche), e ho avuto un’insegnante di filosofia eccezionale. I miei genitori, per premiarmi per la maturità, mi hanno spedito in Israele – di solito mandano a Ibiza, no? Tu dici Israele? Io Israele.

Domanda: Ed eri felice per questa cosa?

Risposta: Ma guarda, cioè, così o così, quindi non è che avevo molte altre possibilità. Dovevi essere felice. Però devo dirti che è stato un salto per me potente, perché lì ho conosciuto questa guida laica, quindi io mi ero sposato, che però sapeva tantissime cose sulla religione. Io avevo già il mio percorso di fede, ma tranquillo.

Domanda: Ma lui sapeva delle cose sulla religione musulmana?

Risposta: No, no, cristiana.

Domanda: Tu stavi parlando di cristianesimo, ok. Perché tu sei cristiana?

Risposta: Io sono cristiana cattolica e ovviamente la guida ha accompagnato un gruppo a visitare Israele e quindi gli facevamo i riferimenti. Per essere sicuro, per non sbagliarmi. Certo.

Domanda: Quindi tu sei battezzata? Hai fatto tutti i sacramenti?

Risposta: Sì, sì, io ho fatto il classico percorso. Sono inserita nell’oratorio, cresciuta in oratorio, l’oratorio salesiano, quindi ho visto molto l’ambito anche della formazione, i miei con una fede cattolica, eccetera. Però ecco, ho sempre avuto un percorso, una dedizione alla spiritualità. Mi sono sempre interrogata, ma non sapevo…

Domanda: Nello specifico, questo interrogarsi, questo, è andare anche a messa, quindi?

Risposta: Certo, certo. Io avevo la mia pratica spirituale, però…

Domanda: Tu a vent’anni quante volte andavi a messa?

Risposta: No, no, io ero assidua, ero assidua alla messa. Andavo a messa. Uno perché avevo una mia formazione, poi a volte con più voglia, a volte con meno voglia, avessi un altro paio di maniche, ma io avevo un mio percorso di fede. Sicuramente il percorso di teologia è andato a sollecitare altre riflessioni e a portarmi a una fede un pochino più matura. Io adesso ho un po’ di impegni e non è una scusante, quindi è una colpa, però ci sono stati anni in cui la domenica sono sempre andata. Quando ero molto più giovane, avevo poco da fare, andavo di più, avevo poco di utile da fare, quindi i miei impegni erano meno, quindi andavo più spesso. Adesso invece andavo solo la domenica, sia per una questione di impegni, sia perché era anche la messa che mi piaceva di più.

Domanda: La parte più bella qual è?

Risposta: Quando il prete ha un po’ la possibilità di esprimere dei concetti, quindi la predica. Quello è il momento un po’ più bello, cioè tutta la messa è bella e bisogna andare, però quello è un momento che ti prende, perché ti fa tutta una serie di ritornamenti sani che è bello sentire.

Dopo essere stata all’estero, sei rientrata e lì ho pensato che, sono rimasta “affolgorata”, io ti dico così perché non pensavo ci fosse tutta una riflessione teologica, degli studi sulla religione cattolica. Io sapevo alcune cose, ma finiva lì. Invece arrivando anche da una matrice scientifica, quindi io cercavo molto ciò che era ragionevole, ciò che era scientifico. L’idea di poter sapere che in realtà c’era una riflessione, un discorso su Dio anche razionale mi ha “intreppato”, mi ha affascinato in un modo pazzesco e contro il parere di mia madre io mi sono iscritta a teologia, perché teologia all’epoca, tieni conto, era aperta da pochissimo ai laici, era solo per i preti. Di solito sono facoltà dove tu ti prendi a seconda la terza laurea perché non sai cosa fare nella vita, e invece ero in un ambiente di adulti e io ero una ventenne, una diciottenne. Però mi è andata bene perché è partito con me un gruppetto di giovani, ed è da lì insomma ha iniziato questa avventura forte però del fatto che io poi dovevo trovare un lavoro e quindi non sono ricca di famiglia, per cui molte persone pensano che io sia miliardaria e possa permettermi di fare questo. No, io quindi avevo bisogno poi di trovare un lavoro, quindi ho passato i primi tre, quattro anni a cercare, a dire “ma io cosa vado a fare, praticamente poi come lavoro?”.

Domanda: E uno se lo chiede. Un’idea superiore e uno comincia a dire “vado a fare quell’indirizzo lì perché c’è un indomani voglio fare quello”.

Risposta: Esatto, esatto. E quindi devo dirti che poi mi sono ritrovata in tantissimi ambiti, dall’area dell’editoria all’area della formazione, però io volevo fare una cosa specifica: volevo riuscire a portare i contenuti che studiavo e portarli alle persone di tutti i giorni, in modo semplice, perché un conto è studiare a livello universitario, un conto invece è rendere una cosa più fruibile, che possa essere utile. Perché a me ha aperto degli orizzonti, a me studiare teologia ha liberato da sensi di colpa, mi ha fatto riscoprire Dio in un altro modo e quindi volevo fare questa cosa.

Domanda: Ci dici un senso di colpa che ti fa capire questa cosa? Cioè, nel senso, tu studiando il senso di colpa, quel senso di colpa lì l’hai messo da parte perché hai capito che non era, non dovevi sentirti in colpa.

Risposta: Guarda, ce ne sono tanti gli ambiti, però ti dico una delle grandi domande che mi fa il mondo Instagram, i follower, è sempre quello, ed è: “Come faccio a capire se sto facendo la volontà di Dio o no?”. Questa è una grande domanda che mi fanno tutti, e che mi sono fatta anche io e che continuo a farmi, eccetera.

Domanda: Ma secondo te chi è che ti fa questa domanda? Cioè chi è la persona che ti fa questa domanda? Un cristiano?

Risposta: Un praticante credente. Soprattutto la parte credente che cerca di mettere in pratica. Io continuo a dire che comunque il cristianesimo è una pratica di vita, non è una teoria, non è delle belle idee, dei bei valori. Cioè ti viene chiesta una discesa, cioè una testimonianza, direbbe il mondo evangelico. Quindi non deve rimanere solo, io dico, una fede “della domenica”, vai a messa e finita lì. No, quella fede deve trasformare la tua vita di tutti i giorni, deve migliorarla, deve fare in modo che tu possa lavorare meglio, che tu possa relazionare meglio, che tu possa vivere meglio.

Domanda: Deve essere un percorso di vita, un binario che ti aiuta a vivere meglio.

Risposta: Esatto, esatto. Assolutamente. E quindi a volte ci nascono dei sensi di colpa soprattutto sull’idea “Dio, ma Dio cosa vuole da me?”, come se fosse Dio che ha deciso qualcosa e tu lo devi indovinare, perché non si sa. E quindi a volte nascono dei sensi di colpa quando, soprattutto quando, se mai vivi un momento di difficoltà, un fallimento, immagino una relazione di coppia, piuttosto che un fallimento professionale, allora dici “ma allora qua c’è qualcosa, Dio non vado bene”. Cominci a farti un po’ di menate.

Domanda: Sicuramente è più facile essere credenti quando hai bisogno. Perché quando hai bisogno devi credere in qualcosa e hai bisogno di fede. La sfida è anche dall’altra parte, no?

Risposta: Certo. Hai bisogno di attaccarti a qualcosa e quella cosa lì ti aiuta. Ma l’esperienza di sofferenza è sana, secondo me, perché ci ricorda tutti che comunque da solo non basti a te stesso, no? Ti rendi conto che, poi dipende dal tipo di sofferenza che stai affrontando, ma ti rendi conto che c’è un limite, che c’è qualcosa che ti supera quando senti che hai bisogno di appellarti a qualcos’altro. Poi chiamiamolo Dio, diamogli un volto di un certo tipo, eccetera, ma ti rendi conto che c’è qualcosa che ti supera.

Domanda: Alcune esperienze, io dico che ci sono delle esperienze che ti fanno capire che c’è un piano superiore, che sono molto pragmatiche. Ho capito quello che vuoi dire, però ti viene in mente un’esperienza nello specifico che dici?

Risposta: Allora, ce ne sono tre, in realtà. La prima esperienza che ti fa capire che c’è qualcosa… Chiamiamola così, non entro su che cosa.

Domanda: Hai avuto un’esperienza dove hai detto “cavoli, c’è qualcosa”?

Risposta: Ma diciamo che ce ne sono tre, a mio avviso, no? Beh, la prima esperienza è quando ti innamori, perché quando ti innamori non l’hai deciso tu.

Domanda: Dici?

Risposta: Eh beh, sì, posso dire “ah, voglio quella persona, mi piace quella tipologia di persone”, eccetera, ma quando accade quell’innamoramento, tu non hai deciso di incontrare quella persona al ristorante, piuttosto che in palestra, al bar, eccetera, scatta qualcosa, no? E lì ti rendi conto che, anche se volevi innamorarti, è accaduto qualcosa che ha superato te. Di solito sai quando dici “ma non avevo voglia di andare con quei miei amici, non avevo voglia di fare quella cosa”, però lì puoi incontrare quella persona.

Domanda: Sai che, Barbara, a me questo esempio, non sono completamente d’accordo. Cioè, questo me ne fai un altro, ma perché… Però sei d’accordo con me? Io avrei più pensato, tipo, a una cosa… Ah, ok, io ho avuto questa sensazione, l’ho sbagliato meno che sia, ho avuto la sensazione in un bosco di cadere in un… Ho avuto questa sensazione, dopo uno può dire, cioè, non è che sto dicendo è successo così, però io credo che sia successo così. Io ho avuto la sensazione di cadere in un sentiero, come che ci sia stato qualcuno che mi abbia preso e mi ha fatto risalire dietro, ed era venuto a mancare mio nonno. Io ho avuto questa sensazione qua, e credevo che tu mi portassi un’esperienza del genere.

Risposta: Però quella è molto soggettiva, perdonami. Tu sei più pratica, bravo, ho capito. Questa è molto soggettiva, perché anche io crederei che c’è una presenza e un’azione, ci mancherebbe. Io ti sto dicendo delle esperienze che bene o male tutti possono vivere, tutti possono riconoscere. Giusto, giusto, giusto. Perché ti dicevo l’innamoramento? Perché non l’ho deciso io, mi è accaduto. Poi certo che ovvio che decido se frequentare o non frequentare quella persona, capisci? Ma è qualcosa che mi accade, è qualcosa di gratuito, è qualcosa di cui non faccio esperienza, mi devasta a più livelli, no? A volte è emozione, eccetera, a volte fa anche soffrire, tante cose, ma non ho deciso io quella cosa, hai capito? A monte non ho deciso.

Domanda: Tu non hai deciso di innamorarti, è successo.

Risposta: È successo che per me c’è un’esperienza, noi teologi diremmo, trascendente, cioè che ti supera, ok? Poi certo sta a me capire se quella persona che ho davanti è normale o non è normale, frequentarlo o non frequentarlo, vedere come va, quindi poi ovvio che c’è una mia scelta, una mia liberazione, ma è un’esperienza che è accaduta. Quindi tutto ciò che accade e che in fondo ti sorprende nella vita è qualcosa che ti rimanda a qualcosa che ti supera, ok? Quindi è l’esperienza umana del trascendente.


Counseling Spirituale e la Sfida della Fede Quotidiana

Domanda: Ma oggi chi sono le persone che aiuti? Quelle che hanno bisogno a livello di fede? Cioè, abbiamo detto che sono persone molto credenti che ti contattano, non solo, ma ti contattano e ti chiedono cosa? Allora, bella domanda, cosa mi contattano? Chi ti deve contattare? Per che tipo di esigenza? Come puoi aiutare?

Risposta: Io ho la parte online e la parte offline, quindi dipende da che destinatario mi sta contattando. Online, quindi su Instagram, io offro contenuti di valore per crescere tutti i giorni a livello spirituale, quindi ho un seguito di persone che sentono il bisogno di mettere in pratica quello che ti dicevo all’inizio e quindi ho persone che desiderano continuare nella loro formazione spirituale. Faccio tantissimo lavoro digitale, quindi webinar, lezioni ad hoc su delle tematiche. Adesso mi stanno chiedendo questo: lezioni di mezz’ora su un tema e di approfondimento.

Domanda: Tipo un tema che vai a approfondire, qual è?

Risposta: Quello che adesso mi hanno chiesto è sulla confessione: “Come confessarsi senza ansie”, bellissimo. Direi, assolutamente. “Come confessarsi senza ansie” secondo me è un topic molto bello, oppure altre tematiche.

Domanda: Tu ti confessi?

Risposta: Confesso, sì.

Domanda: Una teologa pecca?

Risposta: Certo che pecco! Ah no, pensavo “pecchi”. Vai a dire i tuoi peccati. Non è che sono esclusa da questo discorso, assolutamente.

Domanda: Ok, ma essendo una cosa così profonda, secondo te è più facile che pecchi una persona credente o una persona meno credente? Cioè, quando vai tu rispetto a me, gliene racconti di più tu o io? Non lo so, secondo me, a Dio non gliene frega neanche niente di ‘sta roba, cioè più o meno.

Risposta: Ti dico questo perché secondo me “peccare”, per capire cosa intendiamo, cosa vuol dire peccato e cosa vuol dire peccare, no? In realtà tu pecchi nel momento in cui non ami, ok? Questo è il grande messaggio del Vangelo. Peccare significa non amare, non amare se stessi, non amare gli altri. Tutte le volte che tu esci da questa triade, ok? Quindi Dio, me stesso, l’altro, io sto peccando. Quindi capisci che è una cosa che lo facciamo, no? Nel senso che a volte abbiamo delle dinamiche di non amore verso l’altro, verso me stesso, verso Dio. Ecco, quindi peccare va ricompreso dentro questa cosa, altrimenti il mondo cattolico fa un po’ di confusione.

Domanda: Cosa vuol dire poi peccare, effettivamente? Per me peccare è non rispettare i comandamenti. Quindi sei nella categoria di Dio, no? Si riguarda Dio, ok. Per me è quello non peccare. Cioè peccare, scusami, quando io non rispetto i comandamenti, che i comandamenti mi sono stati insegnati quando sono andato alla dottrina, quando ho fatto tutti i sacramenti e chiaramente la parola ritieni, che cavolo ho fatto qualcosa lì, è sbagliata.

Risposta: Certo. Una cosa che sicuramente, cioè che secondo me sta succedendo ed è evidente, se oggi siamo, sparo, mille cristiani, un domani ne saremo cento. Perché è evidente che nessuno crede più? Il discorso è, succede questo e uno può dire “ma cosa me ne frega?”. Io ti dico quello che penso io, per me è utile credere perché credere ti dà un binario, no? E l’uomo, secondo me, l’uomo donna che sia, cioè se sta all’interno di un binario è molto più facile vivere. Perché sennò si entra in confusione. E per me, essendo credente, il binario della religione cristiana è forse meglio di altri. Certo. Questa è una mia opinione, ecco, non è che dico che, però in base a quello che vedo, in base a quello che sento, o bene o male un cristiano è utile alla società. Dopo ce ne sono tanti che non sono utili, capito? Però di base un cristiano, cioè, sono quelle persone che i principi sono sani, capito? Cioè non è che dici “cavolo, ma ‘sta gente qua come la pensa”. Ma non perché quello che la pensa diversamente da me è sbagliato. Però ci sono alcune cose che quando vedi in certe religioni dici “ma come è possibile?”.

Mi aggancio a questa cosa che hai detto, che è interessante. Allora, è vero, c’è una fase in cui la società non è più cristiana come lo era prima. Io sono dell’idea, come in tutte le epoche, in realtà, che sia una grande opportunità questo per il cristianesimo, per il cattolicesimo, per la Chiesa stessa, di aprirsi in modo differente, ok? Quindi io non temo sul cristianesimo. Ha retto duemila anni, continuerà a reggere, ha passato altre dinamiche, quindi non temo per il cristianesimo. Credo invece che è un passaggio interessante, che poi anche Papa Francesco sottolinea, che è la sfida che il cattolicesimo ha adesso di svecchiarsi di alcune cose, capisci? Per arrivare al destinatario, perché io ti dico, l’esperienza di Instagram a me ha dimostrato che la gente cerca una spiritualità, cerca Dio, vuole capire come vivere il cristianesimo, non è poi così lontana. Quindi a me l’esperienza Instagram, proprio come Christian Influencer, a me sta dicendo questa cosa, che la gente non è vero che non è interessata, è che forse la comunicazione di una certa impostazione ecclesiastica, ad oggi non arriva più ai destinatari. Quindi il punto è svecchiare alcune dinamiche di forma.

Domanda: Se tu dici la comunicazione della Chiesa deve cambiare.

Risposta: Ma non è che deve cambiare, cioè deve stare dietro a un mondo che comunque cambia, è destinato a cambiare. Ma io capisco benissimo i problemi, perché la società è veloce, la tecnica è veloce, è tutto talmente veloce, per cui qua anche il pensiero, dicevo prima teologico, è un po’ lento, ma anche quello filosofico è un po’ lento. Io credo molto nel counseling spirituale, perché è una forma di relazione d’aiuto, quindi una forma che va a cogliere delle dinamiche e permette di accompagnare le persone dentro la loro vita del 2025.


Consigli Pratici: Il Linguaggio e l’Equilibrio

Domanda: Adesso ti chiedo invece una cosa, ti chiedo una consulenza gratuita. Purtroppo ho un brutto vizio, bestemmio, bestemmio ma non so come cavolo fare a tirarla via dalla mia bocca questa cosa, cioè è più forte di me. Fammi capire però, è un intercalare che voi utilizzate o no? Perché se io penso al mondo Veneto e anche al mondo Toscano, ovviamente è di un intercalare. Sì, non ce l’ho direttamente con lui, però bestemmi, capito? Cioè è sbagliato. Metti che sia anche quello che dici tu, capito? A volte un intercalare, però sta male comunque, capito? Cioè uno come fa a tirar via ‘sta parola dalla bocca?

Risposta: Io lavoro sulla consapevolezza del proprio linguaggio. Uno degli aspetti interessanti del counseling è imparare a essere consapevoli di quello che dico e di quello che faccio. Purtroppo nessuno ce l’ha insegnato, purtroppo a scuola non ti insegnano a portare attenzione a quello che pensi e a quello che dici, ma questo influenza il tuo modo di vivere con te stesso e con gli altri. Quindi il primo passaggio rispetto a questo discorso è: ok, stare attento a cosa dico, come lo dico e prendersi uno spazio semmai di ascolto di sé prima di formularlo.

Domanda: Prima di parlare.

Risposta: Sì, potrebbe essere una bella strategia.

Domanda: Hai ragione. Comunque questa è una cosa che non faccio mai. Io parlo e basta, cioè non penso prima, parlo e basta. Quindi sicuramente ascoltarmi di più.

Risposta: Ascoltarti di più e aspettare se mai il pensiero arriva, no? Ce l’abbiamo tutti, ok? E prendersi quei nano-secondi…

Domanda: Nano-secondi, no?

Risposta: Prima di, diciamo, dire “ma lo dico o non lo dico?”. Perché questa è una cosa che ho imparato in generale, è che non è che tutto quello che noi pensiamo va esplicitato o tutto quello che pensiamo è sano, no? Certo, assolutamente. Quindi un filtro, direi, lo si può applicare.

Domanda: Quindi se voglio provare appunto a smettere con questo brutto vizio, devo stare un po’ più attento prima di dire una parola?

Risposta: Esatto. Cioè concentrarmi quel nano-secondo come dici tu, “cosa sto per dire? Ah no, aspetta.” Ma guarda, questa cosa secondo me ti sarà utilissima perché se tu impari questo piccolo accorgimento di prenderti qualche nano-secondo prima di dire quello che vuoi dire, in realtà lo dici poi meglio perché è come se tu permettessi anche al tuo cervello di mettere insieme una frase più mirata e quindi ti risulterà strategico veramente anche nella vita di tutti i giorni. Ci sta.

Domanda: Tante persone dicono “io non credo, non vedi cosa fanno e rubano e fanno tutte queste cose, anche i preti, queste cose sbagliate, io non ci credo più”. Quando senti questa cosa tu cosa pensi?

Risposta: Che la Chiesa, intesa come persone, come popolo di Dio, la Chiesa si definisce essa stessa peccatrice. Siamo tutti umani, sia anche i preti, a volte li mettiamo sul podio, ma sono persone umane, poi hanno fatto una scelta di vita, ma anche loro cadono nel famoso peccato di cui dicevamo. E quindi avere sempre, secondo me, c’è un passaggio molto bello che mi piace di Gesù quando dice “non guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro ma guarda la trave nel tuo”, no?

Domanda: Ok. È tosto Gesù.

Risposta: Cioè siamo molto bravi a giudicare a volte velocemente l’altro senza sapere neanche la sua storia. Questo ahimè è un po’ una critica che io faccio al mondo cattolico, a volte il mondo cattolico giudica molto velocemente senza conoscere la storia dell’altro, senza conoscere forse anche il dramma che l’altro ha vissuto, che non giustifica quello che la persona arriva a fare, io non sto giustificando delle cose grandi, certo certo, però la comprensione io credo che sia un grande elemento di crescita spirituale.

Domanda: No, assolutamente, ma infatti quello che mi chiedo ogni tanto è, io sono un uomo e chiaramente ho dei bisogni come qualsiasi altra persona, cioè anche un prete avrà un bisogno, capito? Cioè è impossibile secondo me che riesca a fare il prete, cioè da quel punto di vista riesce a essere fedele solo a Dio.

Risposta: Cioè tu parli a livello sessuale?

Domanda: Eh sì. Quindi tu fai riferimento al voto?

Risposta: Cioè secondo me un prete, tra virgolette, non so se è il giusto termine, comunque alcune volte tradisce Dio, perché mi ricordo che mia nonna mi diceva che, quando gli dicevo “ma il prete non ha sposato nessuno”, mia nonna mi diceva “ma no il prete ha sposato il Signore”, no? E allora io di conseguenza dico “è secondo me il prete ogni tanto al Signore gli fa le corna”. Allora, secondo me dobbiamo sfatare un po’ il mito, nel senso che su due livelli, no? Sì, il prete abbiamo detto è un uomo come tutte le persone, quindi ha delle pulsioni sessuali, lo possiamo dichiarare, non c’è nulla di sconvolgente, e quindi sì, deve sentirle anche queste pulsioni, certo perché altrimenti rischi di veramente fare altri danni. Su questo dico che non c’è un’educazione sessuale, non c’è un’educazione anche affettiva, in generale dico, e quindi non ci dà degli strumenti per capire queste cose.

Dall’altra parte è ovvio che, per quanto riguarda…

Domanda: Sì, tu dici questa cosa che è un po’ una mancanza.

Risposta: È un po’ una mancanza, io credo. A livello educativo. Sì, sia per quanto riguarda un percorso sacerdotale, sia per quanto riguarda un percorso di chiunque, in generale. E l’altra cosa che voglio dire è che ovvio che il sacerdote cattolico arriva a fare determinate scelte, no? Sceglie appunto il celibato, quindi sceglie anche la castità, eccetera.

Domanda: Sì, perché ricordiamoci che un prete, quando comincia un certo tipo di percorso, lui sceglie…

Risposta: Certo, lo sta scegliendo.

Domanda: Il prete ha scelto la castità.

Risposta: Esatto, nessuno lo impone, è una scelta consapevole che arriva a fare, eccetera. Ecco, io credo che a volte ci fissiamo più sull’atto sessuale in sé, capito? Che non è quello che certo è importante, se uno ha fatto poi un voto ha un senso, renderà conto, eccetera. Però quello che voglio dirti è, in realtà, il concetto di castità che a volte viene vista solo nella sua estrema sintesi, ok? In realtà è qualcosa che viene chiesto a qualunque battezzato. Cioè, la castità, dico questo concetto molto importante, è il giusto equilibrio, ok? La castità è questa.

Domanda: A me quando mi avevano battezzato non mi hanno detto che dovevo essere casto.

Risposta: No, ti sto facendo un altro discorso, sì. Per il battezzato, ok? Non è chiesto la castità, se non la pensare solo esclusivamente come assenza dei rapporti sessuali, in generale, sto facendo un discorso generale, è la tua capacità di riuscire a essere equilibrato, anche nell’area sessuale. Quindi gli eccessi in qualunque ambito, non solo quello sessuale (prendi il vizio della gola, prendi qualunque area), il cattolicesimo ti fa osservare e ti dice: se tu veramente vuoi arrivare a un percorso di pienezza, devi imparare l’arte dell’equilibrio. Questo lo dicevano già i monaci, qualunque religione punta sull’equilibrio, quindi non è solo un aspetto, diciamo, del cattolicesimo. I filosofi dicono che l’equilibrio è la via della saggezza, quindi questo discorso di equilibrio va, diciamo, messo trasversalmente in tutte le aree della mia vita, anche quella sessuale.

Ovvio qua, per questo che ti dico, manca una riflessione su come vivere una sessualità, un’affettività che porti a un equilibrio. Ovviamente nell’area sessuale totale è una scelta specifica, una scelta specifica che se vissuta a un certo livello, viene compresa, viene vissuta in un certo livello, senza però negarla questa cosa. Il pericolo è quello di negare tutto un mondo sessuale che c’è.

Domanda: Ho capito, sì, sopprimerlo anche.

Risposta: Esatto, evitare di sopprimerla, un conto è sublimarla, è un altro paio di maniche.


La Fede: Un Cammino di Amore e Felicità

Domanda: Ma secondo te ci sono delle religioni giuste e delle religioni sbagliate? Cioè, essere cristiano è giusto ed essere musulmano è sbagliato?

Risposta: Ma no, mi sembrerebbe un po’ discriminatorio rispetto al fatto che se io e te fossimo nati in Pakistan, forse io e te saremmo musulmani, giusto? Probabilmente sì. Se fossimo nati in India, forse saremmo hinduisti, ok? Ok. Quindi, e questo è un passaggio importante che mi piace molto del cristianesimo, del Dio presentato da Gesù, ossia che in realtà tu verrai valutato, passami il termine, verrai considerato in base alla tua storia, ok? Cioè la tua storia che dici di te, ok? Quindi c’è un passaggio molto bello che il Concilio Vaticano II sottolinea, è che Dio valuterà quanto tu sei stato in grado di amare, perché è sul livello di amore che Dio ti considererà, ok? Quindi se sei stato cattolico, verrai considerato in base a quel vissuto e quel percorso. Se sei stato musulmano in quell’area, eccetera. Però il criterio non è “giusto o sbagliato”, che a volte noi cattolici ce l’abbiamo un pochettino, no? Certo, ce l’abbiamo, giusto o sbagliato. Ma credo che la grande risposta avvenga sulla tua capacità di avere amato. Questa è la sfida del cattolicesimo e trasversalmente di qualunque religione che si definisca autentica e non sia una setta, ok? Quindi qualunque religione autentica, non altro, ok?

Domanda: Molto bene. Barbara, ti ringrazio.

Risposta: A te! È stata una fantastica chiacchierata anche per me. Spero di aver fatto venire voglia a qualcuno di diventare cristiano. Ma guarda, mi permetto di aggiungere questa cosa. Un concetto che mi piacerebbe che le persone recepissero dentro questa nostra chiacchierata che è emersa e che potrebbe continuare, no? Assolutamente. Ecco, mi piace questo slogan che è ormai diventato mio, allora lo riporto, è che Dio ti vuole felice qui, non solo nell’aldilà. Perché ogni tanto il cristiano questa cosa se la dimentica. Invece mi piace molto ricordare che il Vangelo ti chiede di essere felice adesso, oggi. Grazie.